viernes, 21 de enero de 2011

30 años y sin sueños

He encontrado este artículo sobre el Corriere, cerca de la Navidad. Fechas en las que, una vez, una volta, eran de alegría, de encontrarse con la familia, de gastar más de lo habitual, de hacer ese regalo que sabíamos que el ser querido deseaba y que no se había podido comprar en todo el año.

Creo que no necesita ser traducido, sobre todo me impresiona eso que dice:
"Para mi hija y la gran mayoría de sus coetáneos los sacrificios no son suficientes, con estos jóvenes la realidad ha sido, y es, ávara de oportunidades y ladrona de sueños. Pueden incluso mostrar su valía, pero no tienen la libertad para inventarse el futuro."

Una mamma milanese riflette sul futuro della figlia nel giorno del trentesimo compleanno. Ripensa al giorno della nascita e ai presagi di un avvenire felice. E si interroga su un presente che sconforta. È una lettera sul futuro senza certezze dei giovani. La lettera di una «mamma arrabbiata».


Caro direttore,
ieri mia figlia ha compiuto trent'anni. Da diversi anni lavora nella stessa azienda con contratti «a progetto». Subito dopo la sua nascita, in una gelida notte di luna piena, da un finestrone del reparto maternità dell'allora già vetusto ospedale Principessa Jolanda di Milano (oggi non c'è più) ho potuto ammirare la cupola di Santa Maria delle Grazie del Bramante incorniciata da un cielo terso, luminoso e azzurro che sembrava finto, nel quale, a far da contrappunto alla luna, brillava una stella solitaria. Uno scenario di rara bellezza che mi era sembrato un ottimo auspicio per la mia bambina.
Oggi sono una madre molto arrabbiata. Non è mia figlia che mi ha deluso. E non è di lei che voglio parlare, ma dell'indifferenza di chi assiste senza scomporsi al dramma della sua generazione. Alla sua età io avevo già fatto molti sacrifici, ma avevo prospettive concrete di crescita professionale e di fare progetti per la vita. Per mia figlia e la grande maggioranza dei suoi coetanei i sacrifici non bastano: con questi giovani la realtà è stata, ed è, avara di occasioni e ladra di sogni. Possono anche dimostrare di valere, ma non hanno la libertà di inventarsi il futuro.

Abbiamo perso il valore del lavoro, la sua dignità, il suo ruolo nella crescita individuale e nella società. Non siamo stati capaci di difendere il futuro dei nostri figli. Abbiamo creduto che bastasse aver conquistato certi diritti per avere la certezza che sarebbero durati all'infinito. Complice un diffuso benessere, amplificato in principio dal «riflusso» degli anni Ottanta, abbiamo un po' dormito sugli allori. Noi, che abbiamo potuto realizzarci grazie al lavoro, li abbiamo cresciuti nella certezza che il loro futuro sarebbe stato migliore.
Responsabilità ben maggiori hanno i governi degli ultimi vent'anni senza distinzione, la classe dirigente, le parti sociali, spesso l'inadeguatezza strutturale e formativa della scuola e dell'università. Mi sembra che nessuno, tranne noi e i nostri figli, voglia la fine di questo scandalo. Sono troppi gli altri interessi in gioco.
Con che cuore e testa possiamo accettare che i nostri giovani (e smettiamola con i «bamboccioni»), non abbiano futuro? Nonostante le lauree e i master all'estero, la loro vita sembra segnata irrimediabilmente dalla precarietà. Altro che meritocrazia. E non vale il discorso che sono pigri e viziati. I fannulloni non sono una scoperta del ministro Brunetta, sono sempre esistiti. Per fortuna sono eccezioni.
Le attuali regole del mercato del lavoro, nel tentativo di favorire l'occupazione e combattere il lavoro nero, in molti casi hanno finito paradossalmente per legalizzare la precarietà. Cos'altro si può dire quando, pur non ricorrendo le condizioni previste dalla legge, e in totale assenza di controlli, certe aziende impiegano in massa contratti «a progetto» rinnovabili all'infinito? Perché l'Inps, che da questa tipologia contrattuale riceve contributi irrisori, non controlla che siano veritieri e non degli abusi? Meno male che c'è il welfare delle famiglie. Però anche le famiglie si stanno impoverendo e non mi riferisco solo alle risorse economiche. L'infelicità dei tuoi figli, la loro impossibilità di pensare a domani con un minimo di stabilità, la loro sfiducia, frustrazione, quando non disperazione, fa soffrire anche te, ti condiziona, ti deprime, vivi male. Si vive male tutti.
Basta con l'alibi della crisi globale che paralizza la crescita del Paese. In tempi di crisi c0è anche chi si arricchisce. Non si dica più che da noi però c'è più occupazione che in Spagna. Si dica invece che ce n'è meno che in Germania e quella che c'è comprende qualche milione di lavoratori «atipici».
Credo che abbia ragione chi dice che è finito il tempo del posto fisso perché il mercato del lavoro esige sempre più flessibilità, ma andare in questa direzione senza criterio né tutele non è un passo avanti. Il processo di trasformazione sociale in atto non dovrebbe essere solo un prezzo da pagare. I giovani hanno capacità di adattamento, ma non vogliono e non devono essere ingiustamente penalizzati. Un lavoro dignitoso e flessibile ma con garanzie graduali, fino a raggiungere una certa stabilità, è un elemento importante per ridare fiducia e contribuire al rilancio dell'economia. Non lo dico io, che sono solo una madre arrabbiata, l'hanno detto e lo dicono ripetutamente economisti e giuslavoristi importanti. Ultimamente anche Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia. Sarebbe il modo migliore per dare contenuto a due principi costituzionali: «L'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro» (art. 1) e «La repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» (art. 4). Effettivo

jueves, 20 de enero de 2011

Aprendizaje colaborativo a través de la radio

Ya en otras ocasiones el viaje en coche acompañado de la radio me ha servido de inspiración para este blog: interdisciplinaridad, animación a la lectura, etc.
En esta ocasión la audición de un programa de radio dirigido a jóvenes y durante las vacaciones pero preparatorias de exámenes ( deberían haber visto cómo estaban las bibliotecas de ocupadas!) me ha sugerido una idea.

Los animosos locutores se habían propuesto ayudar con las tareas que tenían que hacer.
Una oyente llama para indicar un problema de átomos que no sabe cómo resolver.
Los locutores tampoco saben la solución y le proponen que llame a su amiga.
Ella indica que su amiga está con el novio y no es suficiente motivo para molestarla.
Acaba la conversación, diciéndole que diga a su profesora que lo intento resolver pero ni los de la radio lo sabían.
Al cabo de 5 minutos, los locutores llegan con la respuesta correcta que ha sido comunicada por unos oyentes que, supongo que exagerando, los locutores cifran en torno a los 20.000.
Todo ello con tono amable, divertido a la vez que serio, respetuoso.

miércoles, 19 de enero de 2011

Videoforum o conferencias de calidad a buen precio

En la Facultad de Educación  estamos organizando una serie de actividades extracurriculares que quizás puede ser de tu interés personal o profesional, incluso podrás encontrar interesantes para el currículo de las asignaturas que impartes, recibes, etc.

Estas actividades son de dos tipos:

a)      En primera persona, en el que traemos expertos, principalmente personas vinculadas con el magisterio, que nos cuentan su experiencia profesional en el mundo de la docencia y de la formación.
b)      Para reflexionar en compañía, en el que aprovechando las oportunidades que nos ofrece Internet poder ver y escuchar conferencias que luego podemos debatir, comentar, opinar, etc.

Estas últimas ofrecen la ventaja de que no nos cuestan dinero, si bien precisan de nuestra aportación y de nuestra presencia. Quizás por eso, nos atrevemos a lanzar la primera oferta en periodo de pre-exámenes pero podéis tomarlo como una hora de relax.

Así, la oferta que se propone en primer lugar es la charla de Sir Ken Robinson, en el TED: “Extendiendo valiosas ideas”
Será el próximo día 19 de enero con dos pases:
·        a las 13 horas en el aula 11
·        a las 19 horas en el aula 7 (aula 7 a las 7 p.m.)

Está invitada toda la comunidad universitaria. Tiene una duración de 20 minutos, en inglés con subtítulos (lo que permite educar nuestro oído) y los 40 minutos restantes los dedicaremos a comentarla.

Sir Ken Robinson, PhD is an internationally recognized leader in the development of creativity, innovation and human resources. He has worked with governments in Europe, Asia and the USA, with international agencies, Fortune 500 companies, and some of the world’s leading cultural organizations. In 1998, he led a national commission on creativity, education and the economy for the UK Government. ‘All Our Futures: Creativity, Culture and Education’ (The Robinson Report) was published to wide acclaim in 1999. He was the central figure in developing a strategy for creative and economic development as part of the Peace Process in Northern Ireland, working with the ministers for training, education enterprise and culture. He was one of four international advisors to the Singapore Government for its strategy to become the creative hub of South East Asia”.

OS ESPERAMOS

martes, 18 de enero de 2011

Buscando noticias positivas sobre maestras

Estamos organizando un homenaje a las maestras para el día 8 de marzo, Día Internacional de la Mujer.
Entre las actividades, una que precisa del apoyo y la colaboración de todas: buscar noticias y hechos positivos referidos a maestras y formadoras en general. Por ejemplo, una maestra proclamada "hija adoptiva" del pueblo, un equipo que lleva adelante un proyecto de recuperación social de un barrio depauperado, etc. 
Por favor, tomarlo en serio porque queda poco tiempo. El período podría ser desde 1 de septiembre 2010 al 1 de marzo de 2011. VAMOS!!!  COLABORAD.

lunes, 17 de enero de 2011

Evaluación o Estigmatización

Otra entrada de las más visitadas en la que los comentarios son mejor que la propia entrada:

Estaba tratando de explicar la diferencia entre calificar (poner etiquetas) y evaluar (emitir un juicio de valor) cuando una noticia llamó mi atención.

Calificar es decir que quiero una Nike Air Zoom Vomero .
Evaluar es decir que quiero unas zapatillas con cámara de aire en la puntera y en el talón, de un tejido transpirable y con las piezas cosidas y resistentes a la carrera.

Por eso, sustentar la solución al fracaso escolar en la posibilidad de poner un cero o no, me parece de una inocencia suprema o de una sociedad que se cree la objetividad de las escalas de calificación. Cuanto más largas sean, mayor es la posibilidad de equivocarnos, de que los límites de cada categoría sean más indefinidos.
En el artículo la diferencia entre el 0 y el 1 es muy clara, 0 al que no se presenta (en la Universidad es No presentado) y 1 al que escribe el nombre. ¿Si escribe las preguntas le podremos dar un 1,5?
Publicado por Enrique García

4 comentarios:

Raquel dijo...

    ¡Qué cosas! Yo ya estoy "harta" de calificaciones, etiquetaciones porque los profesores (e incluso un orientador) al principio de cada curso me miran y ya creen saber cómo seré y qué haré en sus clases. En fin...

    Comprendo que es una manera de conocer a la gente (Lo hacemos de forma automática, nos sirve para sobrevivir, defendernos,...) pero en esta profesión hay que intentar ir más allá, por eso está la evaluación. Y muchas veces los profesores (si realizan bien su labor) terminan sorprendidos con los avances o retrocesos de sus alumnos que muchas veces no son lo que esperaban al principio.

    Es curioso que siempre sacamos buenas notas cuando estoy motivada con las asignaturas y no nos preocupamos por las notas, calificaciones. ¿Verdad? Eso está claro.

    Quiero aprender, disfrutar de ello, emocionarme con lo que yo aprendo, volver a emocionarme viendo cuántas cosas he aprendido, un montón, muchas cosas maravillosas... y no un 10 ni una MH. Claro que sirven, para que des saltitos de alegría pero luego ya no te acuerdas de ello, sino de lo aprendido y lo vivido.
    29 de octubre de 2008 10:07
603534 dijo...

    Interesante post.
    Ha conseguido que me vaya a buscar términos a un diccionario de léxicos de Ciencias de la Educación, he encontrado términos como evaluación, rendimiento académico escolar, calificación cuantitativa, calificación cualitativa,pruebas educativas, medidas educativas.
    ¿Medimos, calificamos, evaluamos, la enseñanza o el aprendizaje?
    29 de octubre de 2008 10:40
Raquel dijo...

    603534, ¿no había nada sobre coevaluación, autoevaluación, heteroevaluación,...?
    29 de octubre de 2008 11:25
Dr_Solaris dijo...

    En Primaria debería ser suficiente el APTO o no APTO. Por lo que hemos hablado, tantas veces...de cómo evaluar una competencia...Así que todo lo demás debería sobrar...juzgar y calificar es innecesario cuando lo único que nos importa es que los alumnos sean "capaces de". Eso evitaría las comparaciones de fulanito que ha sacado más nota que menganito, yo tengo más sobresaliente que tú... Si lo único que es importante es que el alumno tenga competencia en algo...
    Por cierto, esto decía Tenbrink en el 81: "Evaluar es el proceso de obtención de información y de su uso para formular juicios que a su vez servirán para tomar decisiones."
    Claro, obtener información de nuestros alumnos...esto es vital...y tomamos información a lo largo de todo el proceso de enseñanza-aprendizaje...luego formulamos juicios, aunque deberíamos denominarlo hipótesis sobre ese proceso...por último las decisiones, aquí está lo verdaderamente importante, no sólo es decir APTO o no APTO, SOBRESALIENTE o INSUFICIENTE, es poder determinar que ese alumno tiene las capacidades y competencias o determinar que ese alumno necesita los medios y apoyos suficientes para poder corregir y encauzar de nuevo al alumno hacia esa adquisición de competencias...(la verdad es que para no gustarme las competencias, he utilizado el termino más de lo que me hubiera gustado...).
    31 de octubre de 2008 00:29